1)Se l’Italia non ha voce 2)L´Eni punta a nuove riserve e resta a Teheran

IRAN, NUCLEARE, ITALIA

CORRIERE Mer. 3/5/2006
FRANCO VENTURINI

Se l’Italia non ha voce


Il nuovo governo dovrà adoperarsi per ridare spazio
internazionale all’ITALIA, ad esempio sulla crisi del nucleare iraniano dove l’ITALIA,
primo partner commerciale dell’IRAN, è esclusa.

In politica estera come in politica interna, il nascituro
governo Prodi è atteso da compiti gravosi. A cominciare da quello sempre
evocato e mai risolto di far ascoltare maggiormente
(sperando che ce ne sia
una) la voce dell’Italia. Le ambizioni nucleari iraniane sono il test
del momento e tengono sotto pressione tutte le diplomazie del mondo.
O meglio, alcune diplomazie più di altre: ieri si è tenuta a Parigi
l’ennesima riunione del G-6 (i cinque membri permanenti del Consiglio di
Sicurezza dell’Onu più la Germania) e la stessa formula varrà il 9 maggio a New
York quando si riuniranno i ministri degli Esteri
. Per comprendere la
frustrazione italiana, del governo che si è dimesso ieri e potenzialmente di
quello che verrà, occorre fare qualche passo indietro. L’Italia si è opposta
per anni, e finora con successo, a un allargamento del Consiglio di Sicurezza
che facesse entrare nell’olimpo Germania, Giappone, Brasile, India e un Paese
africano. Perché preferiamo una riforma più democratica, si è detto. In verità
per non rimanere esclusi
, non essere l’unico dei grandi sconfitti nella
Seconda guerra mondiale a restare fuori e non essere il solo discriminato
assieme al Canada tra i Paesi membri del G-8. Poi è venuta la crisi
iraniana, e a trattare con Teheran a nome dell’Europa hanno provveduto (con lo
scettico consenso di Washington) la Gran Bretagna, la Francia e la Germania.
Anche se l’Italia è il primo partner commerciale dell’Iran. Anche se, ai tempi
non lontani di Khatami, Roma aveva svolto un intenso lavoro
politico-diplomatico con Teheran
. S’intende (perché bisogna resistere al
velleitarismo patriottico) che i «Tre» europei hanno un peso politico maggiore
del nostro. Ma nel caso dell’Iran, con i nostri contatti e i nostri precedenti,
l’esclusione è stata tale da ferire anche un orgoglio nazionale composto. Il
ministro in carica Fini non mancò di rilevarlo, e ottenne dalla collega Usa
Condoleezza Rice assicurazioni sul coinvolgimento del G-8, dove l’Italia è
notoriamente presente. Così sono andate parzialmente le cose due settimane fa a
Mosca, ma ora, a quanto pare, siamo daccapo
: giunge l’ora delle decisioni
importanti sulle risposte da dare a Teheran, ed ecco che a discuterne è il G-6.
Con il doppio risultato di vanificare la lunga battaglia dell’Onu (era
soprattutto l’ingresso della Germania a disturbarci) e di rimanere esclusi da
un grande tema che tocca direttamente i nostri interessi oltre alle nostre
ambizioni. Cosa potrà fare il governo Prodi? Sul fronte Onu basterà tenere
alta la guardia, perché gli Usa vorrebbero far entrare nel Consiglio soltanto
India e Giappone
(che tuttavia la Cina non vuole) e l’intera operazione
dovrebbe slittare ulteriormente. Ma un G-6 in via di istituzionalizzazione
brucia ancor più del Consiglio di Sicurezza allargato
, assume i connotati
di una vera discriminazione e sembra avere più futuro delle promesse della
Rice. Come può reagire allora un’Italia che sulla scena mondiale soffre da
sempre di debolezza reale (troppo spesso) o presunta, e che ha trasformato in
dogma, come peraltro anche altri, quella «politica della sedia» che ora viene
mortificata? La via da esplorare, a nostro avviso, è quella che porta al
G-8. Se il G-8 avrà davvero un ruolo nella vicenda iraniana, la sua importanza
crescerà. Se la più grave crisi del momento gli passerà a fianco, dovrà temere
la decadenza e noi con lui. Ma si può discutere di Iran senza che sia presente
la Cina? La risposta realistica è no. L’interesse italiano, perciò, coincide
con un allargamento del G-8 alla Cina (e all’India) che comunque presto o tardi
avrà luogo
. E che ci consentirebbe di essere presenti al tavolo del più
ampio e credibile «direttorio» mondiale. Non mancherebbero i problemi (la Cina
è ancor meno democratica della Russia, che già solleva polemiche). Ciò non
impedisce a qualcuno di guardare lontano (la Cina e l’India saranno «invitate»
al G-8 di San Pietroburgo, e lo erano già state l’anno scorso in Scozia). Ma è
soprattutto per una Italia che non vuole sparire dal proscenio che il tempo
stringe.


IRAN, NUCLEARE, ITALIA, ENERGIA

REPUBBLICA Mer. 3/5/2006

L´Eni punta a nuove riserve e resta a Teheran

L´Eni non vuole lasciare l´Iran auspicando una soluzione
diplomatica della crisi sul nucleare con il contributo di Unione europea e Onu,
e punta sulla nuova strategia per aumentare riserve di petrolio e gas,
presentandosi come interlocutore privilegiato di alcuni paesi emergenti con
caratteristiche importanti quanto a risorse naturali
.
«Siamo molto vigili sull´evoluzione», ammette l´ad del gruppo, Paolo Scaroni
che, a New York per ricevere il premio Gei Award 2006 promosso dal Gruppo
Esponenti Italiani, traccia i piani d´azione del colosso energetico italiano.
«Certamente siamo molto attenti – aggiunge – perchè abbiamo una presenza
importante. Abbiamo fatto investimenti e ci dispiacerebbe abbandonare il
paese», anche se «faremo quello che il governo e l´Onu ci diranno di fare»
.

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