Merkel superstar alla prova scioperi

Popolarità all’80%. Ma la Cancelliera affronta la prima ondata di proteste

Tedeschi in rivolta per il nuovo orario
di lavoro

BERLINO – E’ la storia di
una cancelliera e due Germanie. Quella che le dà fiducia
, crede in lei,
apprezza il suo stile semplice ed efficace, al punto da regalarle il più
alto tasso di gradimento (l’80%) mai accordato a un capo del governo federale
nel Dopoguerra
. E la Germania che scende in piazza o si prepara a farlo,
in quella che si annuncia come la più lunga ondata di scioperi dopo anni di
relativa pace sociale.
E’ partita benissimo Angela Merkel. Perfetta nel ridare smalto e
prestigio alla politica estera tedesca sin dall’esordio del suo mandato.
E abile nel capitalizzare a proprio vantaggio la nuova Stimmung ,
l’umore dei suoi connazionali
, che dopo anni di depressione collettiva
sembrano di nuovo pensare positivo e coltivare l’ottimismo della volontà.
Dopo i successi e le lodi raccolti al vertice europeo di dicembre e nei viaggi
a Washington e Mosca, la fase del riposizionamento di Berlino nell’arena
internazionale si è chiusa con l’intervento alla Conferenza di Monaco, nel
quale Merkel ha riproposto la Nato come perno della politica di sicurezza
dell’Occidente.
Ora però la cancelliera deve misurarsi con l’altro Paese, ottimista ma non
abbastanza da rimanere insensibile alla nuova impennata del numero dei
disoccupati, tornato a gennaio sopra la barra dei 5 milioni per la prima volta
dopo quasi un anno. E deciso a non farsi passare davanti la ripresa economica
in corso, senza aggiustare un potere d’acquisto che negli ultimi anni è stato
costantemente in declino. Mentre le esportazioni esplodevano, i profitti delle
aziende aumentavano e i titoli di Borsa tornavano a correre
.
I primi tamburi di guerra, li hanno fatti rullare i dipendenti pubblici del
Baden-Württemberg, in sciopero da lunedì per la prima volta dal 1992:
protestano contro l’intenzione del Land di introdurre le 40 ore di lavoro
settimanali (contro le 38,5 attuali) a salario costante
. Come un meridione
qualunque, il più ricco ed efficiente degli Stati federali ha visto
l’immondizia accumularsi per le strade, asili nido, uffici comunali, ospedali,
biblioteche, teatri, piscine e palestre paralizzati per assenza di personale. Quanto
durerà? Da quattro a sei settimane, annuncia «Ver.di», il sindacato dei
servizi, la più grande organizzazione di categoria del mondo. E soprattutto, la
protesta minaccia di dilagare la prossima settimana in tutti gli altri Länder
.La rivolta del settore pubblico giunge mentre IG Metall, il sindacato
metalmeccanico cui fanno capo quasi 3,5 milioni di lavoratori, si prepara
alla trattativa per il rinnovo del contratto nazionale, definendo
irrinunciabile la richiesta di aumenti salariali del 5%. L’anno scorso i salari
dell’industria sono saliti dell’1,2%, ben al di sotto cioè del tasso
d’inflazione del 2%
, secondo i sindacati un grosso contributo al
miglioramento della competitività del Paese.
Sono segnali non buoni per la signora Merkel, che nelle proteste di piazza
misura da vicino tutta la difficoltà di metter mano a una politica economica in
grado di aggredire i nodi più difficili del caso tedesco. Finora, la
cancelliera ha preferito il quieto vivere nella Grande Coalizione con i
socialdemocratici, mettendo una discreta sordina a tutte le ambizioni
riformatrici e neo-liberiste sbandierate in campagna elettorale
. «Ma in
mancanza di significativi miglioramenti sul mercato del lavoro e nel caso l’attuale
ripresa dovesse affievolirsi, la popolarità di cui gode attualmente rischia di
erodersi rapidamente», avverte Manfred Güllner, capo dell’istituto di sondaggi
Forsa.
Un indizio significativo dei rischi all’orizzonte è venuto la scorsa
settimana, quando il governo ha deciso di alzare l’età del pensionamento da 65
a 67 anni a partire dal 2029. Subita con avversione dal 64% dei tedeschi, la
misura conta poco però nel breve periodo
. Piuttosto, il vero banco di prova
per la cancelliera e i suoi alleati sarà, in primavera, la nuova tranche della
riforma delle mutue, dove il governo dovrà inevitabilmente affondare il bisturi
negli attuali benefici.

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