Battaglie per la Difesa

Germania, armamenti, Ue, Francia, Usa

German Foreign Policy   05-09-20
Battaglie per la Difesa

Il futuro governo tedesco, qualsiasi sia il suo colore, si atterrà alla “rotta strategica” intrapresa dal governo uscente per conseguire la direzione della produzione d’armamenti europea. Obiettivi: autonomia della capacità militare anche dagli alleati; garanzia di leadership economica tedesca nelle joint venture estere.

Nella battaglia per il controllo della produzione bellica tedesca:

  1. Berlino vuole assicurarsi la propria capacità bellica con strutture industriali il più possibile autarchiche, che non possano essere strangolate neppure dai concorrenti alleati;
  2. il potenziale di armamenti nazionali viene visto come garante della leadership tedesca nelle joint venture all’estero.
  3. Le attuali battaglie per la Difesa attorno a Mtu e Atlas  stanno a dimostrare che, diversamente dalle ingenue speranze di europeizzazione per cui le scorte nazionali di violenza si dissolverebbero in una sovrastruttura continentale, lo Stato nazionale continua a rimanere il punto di riferimento di tutte le attività di armamento tedesco, non diversamente da quanto accade per il vicino europeo, e si riserva misure di forza contro i propri concorrenti.
A nome degli interessi di sicurezza della Germania, il cancelliere Schröder si è dichiarato contrario all’acquisizione da parte del gruppo americano Carlyle di due società tedesche di produzione di armamenti, la Mtu, (Friedrichshafen), e Atlas Elektronik GmbH (Brema).

Il governo tedesco ha inoltre deciso di limitare ulteriormente la possibilità di acquisizione di società tedesche da parte di investitori esteri, imponendo l’obbligo di informazione e autorizzazione non solo per le società di armamenti ma anche per i loro fornitori. Rientra perciò tra questi anche Mtu, il cui fatturato riguarda solo per 1/8 il settore militare.

Mtu (6700 addetti in tutto il mondo e un fatturato annuo di €1,75md.) produce di motori diesel per aerei, navi, veicoli trasporto merci e treni, carri armati e veicoli militari; proprietario di maggioranza per l’88% è DaimlerChrysler, che vuole vendere la propria quota. Acquirente favorito Man, anch’esso attivo nel settore armamenti. I soci di minoranza con diritto di veto attorno alla famiglia fondatrice di Mtu, Schmid-Maybach, e Brandestein-Zappelin preferiscono la partecipazione dell’investitore finanziario americano Carlyle.

Assieme a Fiat Avio, Mtu collabora alla costruzione di reattori sia per gli Eurofighter che per l’aereo da trasporto militare A 400 M, ed è in pratica l’unico partner dell’esercito tedesco per la propulsione dell’aeronautica. Con l’acquisizione di Mtu da parte degli americani sarebbero messi a rischio gli sforzi tedeschi per assumere la leadership nell’industria degli armamenti e aeronautica europea.

Altre società interessate a MTU erano:

il gruppo svedese Wallenberg, un consorzio di Dubai, un gruppo attorno all’imprenditore americano Roger Penske, e diversi investitori finanziari tra cui il gruppo Carlyle.
Con la filiale United Defense, Carlyle è tra le maggiori società di armamenti americane, nel suo C.d.A. siede George Bush senior; ha acquisito l’italiana Fiat Avio, preoccupando l’industria europea degli armamenti.

Man è interessata all’acquisto di Mtu, ha suggerito un trucco societario per superare il veto delle famiglie: Mtu viene posta in liquidazione e l’operatività trasferita ad una filiale, cosicché il diritto di veto delle famiglie fondatrici riguarda solo una società di copertura senza possibilità di influenza sulla vendita della parte importante dell’impresa.  Infine esse cedono le loro quote del gruppo che come proprietario unico riprende i negoziati con Man.

Atlas Elektronik GmbH, 1700 addetti a Brema, fatturato annuo €292mn., proprietaria la britannica società di armamenti Bae Systems, che vuole disfarsi della proprietà tedesca per espandersi maggiormente negli Usa. Atlas Elektronik è ritenuta una perla dell’industria tedesca di armamenti, essendo tra i leader mondiali per l’equipaggiamento di sommergibili con sistemi di guida, sonar siluri e di difesa mine; essa è ritenuta inoltre una società chiave per raggiungere il predominio nell’industria della marina militare dell’Europa.

Interessati all’acquisizione di Atlas Elektronik:

–          il gruppo ThyssenKrupp, in cui si concentra la costruzione bellica tedesca;

–          il gruppo franco-tedesco Eads, che intende rafforzare il settore marittimo;

–          il gruppo di armamenti elettronici francesi  Thales, che sembra abbia fatto la maggiore offerta e che promette di costruire a Brema un grande centro per i sommergibili e offrire all’amministrazione del Land il diritto di veto per le decisioni più importanti.

–          Il governo tedesco sta cercando di evitare con tutti i mezzi l’ingresso del gruppo francese, e parla di «saccheggio della tecnologia tedesca».

–          La Francia sta cercando di concentrare, come già fatto dalla Germania, l’industria cantieristica. Da circa 1 anno e mezzo il gruppo Thales e la statale Dcn stanno negoziando un avvicinamento, che potrebbe essere attuato il prossimo autunno, una premessa per la creazione di una “Eads marittima” tra Francia e Germania.

–          Berlino invece vuole solo per sé la leadership nella costruzione di navi da guerra europee, e cerca di ostacolare gli sforzi francesi.

–          Se Thales riuscisse a entrare in Atlas Elektronik, verrebbe svuotata l’opposizione del governo tedesco, dato che i francesi avrebbero la partecipazione in uno dei maggiori fornitori della marina tedesca.

–          Berlino ha fatto avere alla stampa un rapporto “segreto” governativo per dimostrare la scarsa produttività e la forte dipendenza dalle commesse nazionali della concorrenza francese. Eads al contempo cerca di impedire la cooperazione di Thales con la statale Dcn.

ThyssenKrupp intende ora costituire un consorzio con Eads per l’acquisto di Atlas Elektronik, divenendo così il favorito nella battaglia per l’acquisizione.

German Foreign Policy       05-09-20

German Foreign Policy       05-09-20
Abwehrschlachten
BERLIN/BREMEN/FRIEDRICHSHAFEN (Eigener Bericht) – Im Kampf um zwei kriegswichtige Rüstungsunternehmen hat die Bundesre
gierung einen Etappensieg erzielt und will die Übernahme durch ausländische Bieter endgültig durchkreuzen. Als Interessenten treten sowohl französische wie US-amerikanische Konzerne auf, die ihre Warenpaletten um deutsche U-Boote und Panzer erweitern möchten. Objekte des Rüstungswettbewerbs sind der Motorenhersteller MTU (Friedrichshafen) und die Atlas Elektronik GmbH (Bremen). Damit ihre Kriegsproduktion unter Berliner Verfügung gehalten werden kann, erklären sich die deutschen Konzerne MAN und ThyssenKrupp zum Aufkauf bereit. Wie ein Vertreter der Bundesregierung erklärt, müssten deutsche Unternehmen "auf dem Fahrersitz" Platz nehmen, um im Führungskampf um die europäische Rüstungsproduktion als Sieger hervorzugehen. Diesen "klaren strategischen Kurs" werde auch die kommende Bundesregierung fortführen – unabhängig von ihrer parteipolitischen Zugehörigkeit.
Der Dieselmotorenhersteller MTU (Friedrichshafen) mit weltweit 6.700 Mitarbeitern und einem Jahresumsatz von 1,75 Milliarden Euro stellt Antriebssysteme für Flugzeuge, Schiffe, Nutzfahrzeuge und Eisenbahnen her, darunter auch für Panzer und andere Militärfahrzeuge. Mehrheitseigentümer ist mit gut 88 Prozent der DaimlerChrysler-Konzern, der seine Anteile verkaufen will. Als bevorzugter Abnehmer galt zunächst der Maschinenbau- und Nutzfahrzeugekonzern MAN, der auch im Rüstungsgeschäft aktiv ist.[1] Die mit Vetorecht ausgestatteten Minderheitsaktionäre der MTU um die Gründerfamilien Schmid-Maybach und Brandenstein-Zeppelin favorisierten jedoch eine Beteiligung des US-amerikanischen Finanzinvestors Carlyle.
Gefahr
Auf diese Absicht reagierten der Großkonzern MAN und die Bundesregierung mit konzertierter Gegenwehr. Carlyle zählt mit der Tochter United Defense zu den größten US-Rüstungsunternehmen (im Aufsichtsrat sitzt unter anderem George Bush senior) und hat bereits mit der Übernahme des italienischen Flugzeugunternehmens Fiat Avio in der europäischen Rüstungsindustrie für Unruhe gesorgt.[2] Da die MTU gemeinsam mit Fiat Avio an den Düsenaggregaten sowohl für den Eurofighter als auch für den Militärtransporter A 400 M arbeitet und praktisch der alleinige Partner der Bundeswehr für alle Luftfahrtantriebe ist, wurde in Berlin um die nationale Aufholjagd im Kriegsgeschäft gebangt: Bei Übernahme der MTU durch den US-Investor wären die mit staatlichem Milliardenaufwand gestützten Bemühungen um deutsche Führerschaft in der europäischen Militär- und Flugzeugindustrie erheblich gefährdet.
Kunstgriff
DaimlerChrysler verfiel daher auf einen unternehmensrechtlichen Kunstgriff: Die MTU wurde liquidiert und das operative Geschäft auf eine Tochterfirma übertragen. Den renitenten Gründerfamilien blieb nur noch das Vetorecht in einer einflusslosen Dachgesellschaft, nicht aber beim Verkauf der werthaltigen Teile des Unternehmens. Schließlich traten sie ihre Anteile an den Konzern ab, der als alleiniger Eigentümer nun die Verhandlungen mit MAN wieder aufnahm.
Machtwort
Der um ein Machtwort gebetene Bundeskanzler hatte sich gegen eine Übernahme durch die US-Firma erklärt und betont, ein künftiger Investor müsse "Interesse an der langfristigen Sicherheit des Standorts Deutschland" haben.[3] Außerdem beschloss die Bundesregierung eilends, den Erwerb deutscher Unternehmen durch ausländische Investoren weiter einzuschränken. Demnach gilt die bereits bestehende Melde- und Genehmigungspflicht künftig nicht nur für reine Rüstungsunternehmen, sondern ebenso für deren Zulieferer, die sich nur zu einem kleinen Teil mit Rüstung befassen, aber im weiteren Sinne militärische Güter produzieren. Nicht zufällig fällt darunter auch die MTU (Friedrichshafen), die etwa ein Achtel des Umsatzes im Militärbereich erzielt.[4]
Perle
In einem weiteren Fall versucht die Bundesregierung, ihre Kompentenzen noch weiter auszudehnen und ohne rechtliche Grundlage über den Verkauf eines Unternehmens durch einen ausländischen Konzern zu bestimmen. Dabei handelt es sich um die Atlas Elektronik GmbH, die mit 1.700 Mitarbeitern an den Standorten Bremen und Wedel pro Jahr gerade 292 Millionen Euro umsetzt. Eigentümerin ist die britische Rüstungsfirma BAE Systems, die sich von ihrem deutschen Besitz trennen will, um stärker in den USA zu expandieren. Atlas Elektronik gilt als eine "Perle der deutschen Rüstungsindustrie", da die beiden Fertigungsstätten zu den weltweit führenden Ausrüstern von U-Booten mit elektronischen Führungs-, Sonar-, Torpedo- und Minenabwehrsystemen zählen. Das Unternehmen wird zudem als wichtiger Schlüssel für die künftige Herrschaft vor allem in der militärischen Marineindustrie Europas eingestuft.
Ausplünderung
In der Bieterschlacht um die Übernahme von Atlas Elektronik verblieben als Hauptinteressenten der deutsche ThyssenKrupp-Verbund, unter dessen Führung der deutsche Kriegsschiffbau konzentriert wird [5], der deutsch-französische Rüstungskonzern EADS, der sein maritimes Standbein stärken will [6], und das französische Rüstungselektronikunternehmen Thales. Thales unternimmt erhebliche Anstrengungen, um den Zuschlag zu bekommen: Dem Vernehmen nach soll das Unternehmen nicht nur den höchsten Preis bieten, sondern auch versprechen, in Bremen ein großes U-Boot-Zentrum zu errichten, und der Landesverwaltung ein Vetorecht bei zentralen Entscheidungen andienen. Das unter ökonomischen Gesichtspunkten aussichtsreiche Angebot von Thales alarmierte die Bundesregierung: Diese warnt vor einer "Ausplünderung deutscher Technologie" [7] und versucht den Einstieg des französischen Konzerns mit allen Mitteln zu verhindern.
Vorstufen
Hintergrund ist der Versuch Frankreichs, die Werftenindustrie – wie in Deutschland bereits geschehen – unter einem Dach zu konzentrieren. Seit eineinhalb Jahren verhandeln der Thales-Konzern und die Pariser DCN über eine Annäherung, die in diesem Herbst Wirklichkeit werden könnte. Die bevorstehende nationale Konsolidierung gilt in Frankreich als Vorstufe für die Bildung einer "maritimen EADS" zwischen Deutschland und Frankreich. Berlin hingegen, das die Führungsposition im europäischen Kriegsschiffbau für sich beansprucht, müht sich nach Kräften, den französischen Werftenverbund zu torpedieren.[8] Käme Thales nun bei Atlas Elektronik zum Zug, würde der Widerstand der Bundesregierung ausgehöhlt, da die Franzosen Mitsprache bei einem der wichtigsten Zulieferer der deutschen Marinebranche erhielten.
Rücksicht
Berlin lancierte daher einen angeblich "geheimen Bericht im Auftrag der Bundesregierung" an die Presse, der der französischen Konkurrenz mangelnde Produktivität und eine starke Abhängigkeit von nationalen Aufträgen attestiert. Die EADS antichambrierte zur selben Zeit in Paris mit dem Ziel, das Zusammengehen von Thales mit der staatlichen DCN zu verhindern. Die Bundesregierung selbst ließ verlauten, sie werde einem außerdeutschen Verkauf des Bremer Elektronikunternehmens und U-Boot-Ausrüsters nicht zustimmen. Das Außenwirtschaftsgesetz räumt der Regierung zwar ein Mitspracherecht beim Verkauf von Rüstungsfirmen ins Ausland ein – allerdings ist Atlas Elektronik bereits in ausländischer Hand. Berlin machte daher auch beim britischen Verkäufer von Atlas Elektronik seinen Einfluss geltend. BAE Systems sicherte daraufhin zu, nicht einfach an den h&o
uml;chsten Bieter zu verkaufen, sondern die deutschen Interessen zu berücksichtigen und auf die Bundesregierung – den größten Kunden von Atlas – Rücksicht zu nehmen. ThyssenKrupp will jetzt gemeinsam mit EADS ein Konsortium zum Kauf von Atlas Elektronik gründen und gilt damit als klarer Favorit in der Übernahmeschlacht.
Konfliktlagen
Die Auseinandersetzungen um deutsche Verfügungsgewalt über kriegswichtige Produktionsstätten in der Bundesrepublik dienen sowohl nationalstaatlichen wie multinationalen Gewaltperspektiven. Beide Optionen greifen ineinander und halten mehrere Konfliktlagen offen. Demnach will Berlin die eigene Kriegsfähigkeit durch möglichst autarke Industriestrukturen wahren, die auch von verbündeten Konkurrenten nicht zu strangulieren sein sollen; zugleich werden diese nationalen Rüstungspotentiale als Garanten für führende deutsche Positionen bei Beteiligungsgeschäften im Ausland angesehen. Entgegen arglosen Europäisierungs-Hoffnungen, wonach sich die nationalen Gewaltvorräte in einer kontinentalen Suprastruktur auflösen, zeigen die gegenwärtigen Abwehrschlachten um MTU und Atlas, dass der unveränderte Bezugspunkt sämtlicher deutscher Rüstungsaktivitäten der eigene Nationalstaat ist – nicht anders als bei den europäischen Nachbarn, die sich Gewaltmaßnahmen gegen ihre Konkurrenten vorbehalten.
[1] s. dazu Buy European First
[2] s. dazu Weltkriegsrivalen (III)
[3] MTU-Übernahme durch DaimlerChrysler ebnet Weg für Bietverfahren; Dow Jones Newswires 15.09.2005
[4] s. auch Berlin sichert nationale rüstungsindustrielle Basis und "Spektakuläre Erfolge" im Waffenhandel
[5] s. dazu "Stärkere nationale Stellung"
[6] s. dazu Aktiv begleiten
[7] Rüstungsbranche: Thales will Atlas Elektronik übernehmen; WirtschaftsWoche 34/2005 16.08.2005
[8] s. dazu Das Ende einer "Zivilmacht" und Kampfansage

 

Quellen:
EADS weiterhin an Teilen von Thales interessiert; www.faz.net 10.08.2005
Rüstungsbranche: Thales will Atlas Elektronik übernehmen; WirtschaftsWoche 34/2005
Paris versucht Werften-Allianz zu schmieden; Neue Zürcher Zeitung 19.08.2005
ThyssenKrupp und EADS bieten mit um Atlas Elektronik; Reuters 19.08.2005
Deutsche Bieter im Vorteil bei Bremer Rüstungselektronikfirma; Handelsblatt 22.08.2005
Daimler will MTU-Familien in 3 Schritten entmachten; Dow Jones Newswires 02.09.2005
Schröder schaltet sich in Streit um MTU ein; Die Welt 03.09.2005
Der lange Kampf um die MTU Friedrichshafen; Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung 04.09.2005
Regierung baut MTU-Verkauf vor; Frankfurter Allgemeine Zeitung 08.09.2005
Franzosen umgarnen deutschen Marineausrüster; Frankfurter Rundschau 08.09.2005
Thales will mit ThyssenKrupp deutsche Atlas übernehmen; WirtschaftsWoche 38/2005
Berlin prüft Stopp von Atlas-Verkauf an Thales; Handelsblatt 15.09.2005
Bundesregierung stellt sich Franzosen in den Weg; Frankfurter Allgemeine Zeitung 15.09.2005
MTU-Übernahme durch DaimlerChrysler ebnet Weg für Bietverfahren; Dow Jones Newswires 15.09.2005
Rüstungsbranche: Thales will Atlas Elektronik übernehmen; WirtschaftsWoche 34/2005 16.08.2005
Daimler-Chrysler hält sämtliche MTU-Anteile; Frankfurter Allgemeine Zeitung 16.09.2005
Thales will nicht an eine Absage der Bundesregierung glauben; Frankfurter Allgemeine Zeitung 16.09.2005

MTU verkauft – MAN faßt wieder Mut; Frankfurter Allgemeine Zeitung 17.09.2005

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Maschinenbau
MTU soll noch in diesem Jahr verkauft werden

Faz 05-09-16
16. September 2005 – Nach der Übernahme sämtlicher Anteile der Familiengesellschafter soll der Verkauf des Dieselmotorenbauers MTU Friedrichshafen schnell über die Bühne gehen.

Wie am Freitag aus Konzernkreisen verlautete, solle der Verkauf auf jeden Fall noch 2005 abgewickelt werden. Dabei würden dem Münchner Maschinen-und Lastwagenbauer MAN nicht mehr die besten Chancen eingeräumt, war weiter zu erfahren.

„Zum Schluß hat die Vernunft gesiegt”

Der Autokonzern Daimler-Chrysler hatte am Freitag offiziell bestätigt, daß er von den Familiengesellschaftern deren Anteile am Dieselmotorenbauer MTU Friedrichshafen komplett übernehmen kann. Damit ist der Weg nach monatelangem Streit frei für den Verkauf des Traditionsunternehmens vom Bodensee. Der Aufsichtsrat habe dem Erwerb der Anteile zugestimmt.

„Zum Schluß hat die Vernunft gesiegt”, sagte Daimler-Chrysler-Vorstandsmitglied Rüdiger Grube nach dem Ende des Verhandlungsmarathons mit den beiden Familienstämmen Brandenstein-Zeppelin und Schmid-Maybach. Diese hatten lange die Pläne von Daimler-Chrysler blockiert und sich exklusiv an den Finanzinvestor Carlyle gebunden. Dann war allerdings Irmgard Schmid-Maybach ausgeschert und hatte die Anteile des Familienstamms in Höhe von 7,2 Prozent an Daimler-Chrysler verkauft.

Viele Interessenten

Diesem Druck konnte sich schließlich auch Albrecht Graf von Brandenstein-Zeppelin nicht entziehen, der am Donnerstag erklärte, den 4,8-Prozent-Anteil ebenfalls an den Autokonzern in Stuttgart verkaufen zu wollen. Wie es hieß, bekommen die Familien einen kleinen Aufschlag zu dem Anteil, der ihnen prozentual beim Verkauf zugestanden hätte. Dieser läge aber weit unter dem, was Carlyle der Familie geboten habe. Nach unbestätigten Berichten sollen die Familien für ihren knapp zwölfprozentigen Anteil um die 130 Millionen Euro erhalten.

Weiter Interesse an MTU haben unter anderem die schwedische Wallenberg-Gruppe, ein Konsortium aus Dubai, eine Gruppe um den amerikanischen Unternehmer Roger Penske sowie verschiedene Finanzinvestoren, darunter auch die Carlyle-Gruppe.

MTU paßt nicht mehr zum Kerngeschäft

Grube, der bei MTU Aufsichtsratsvorsitzender ist und für Daimler-Chrysler die Verhandlungen leitet, betonte, er werde dafür sorgen, daß das Unternehmen nicht zerschlagen werde und eine neue Zukunftsperspektive erhalte. Der Konzern dankte ausdrücklich Irmgard Schmid-Maybach und dem Betriebsratschef von MTU, Karl-Heinz Wulle. Sie und alle anderen Beteiligten hätten ihrer Verantwortung für MTU Rechnung getragen.

Daimler-Chrysler verkauft den profitablen Diesel- und Turbinenbauer, weil er nicht mehr ins Kerngeschäft des Konzerns paßt und außerdem zur Erhalt seine führenden Weltmarktposition Investitionen in Höhe von etwa 500 Millionen Euro benötigt hätte, die der Konzern an anderer Stelle dringender braucht. Daimler-Chrysler hatte in dem Streit mit den Familien Anfang September ein Liquidationsverfahren beschlossen, daß die Vetorechte der Famili
en aushebeln sollte.
Diese könne nun vermieden werden, hieß es am Freitag.

Auch der Kanzler wollte mitreden

Der MTU-Betriebsrat hatte auch Bundeskanzler Gerhard Schröder (SPD) eingeschaltet, um die Zukunft des Konzerns zu sichern. MTU baut auch Motoren für die Marine und den Leopard-Panzer. Bei einem Verkauf an einen ausländischen Investor hätte die Bundesregierung ein Mitspracherecht, weil es sich um rüstungspolitische Kernkompetenzen handelt.

MTU produziert mit rund 6.700 Beschäftigten, davon etwa 5.000 am Stammsitz Friedrichshafen, Motoren für Schiffe, Bahnen, Militär- und Baufahrzeuge sowie Energieversorgungsanlagen. 2004 betrug der Umsatz 1,35 Milliarden Euro.

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