Quello di oggi è uno sciopero tardivo, proclamato dalla CGIL più per affermare il proprio ruolo politico che per difendere realmente la classe lavoratrice.
Ma nelle piazze oggi ci saranno migliaia e migliaia di lavoratori, spesso attivi nella CGIL ma ben coscienti dei suoi limiti, pronti a lottare anche contro le dirigenze confederali.
Bisogna quindi capire la situazione e il radicamento che la CGIL (e la UIL) è riuscita a mantenere nei settori in cui è attiva. Non ci sono formule pronte o ricette di massima possibili da seguire ma c’è un obiettivo chiaro, si tratta di trasformare questa rabbia e la volontà dei tanti lavoratori che domandi scenderanno in piazza, contro il governo Renzi e le manovre che sta portando avanti, in protagonismo diretto.
Su questo tema pubblichiamo un contributo preso dal sito “Il foglio bianco”:
L’abolizione dell’art.18, come i manganelli sugli operai della Thyssen, sono solo gli ultimi atti con cui il governo e il PD si sono schierati rispetto alle classi sociali. Alla politica degli insulti al movimento operaio segue la negazione dei diritti e l’uso dei manganelli, al servizio della Confindustria e di tutta la classe padronale.
Se ne impara che per il governo i lavoratori sono solo un problema sociale da contenere, un costo da ridurre al minimo. Soprattutto una forza da eliminare dalla scena politica, un obiettivo storico dei padroni.
CISL e UIL assecondano da anni questo attacco, firmando contratti nazionali e aziendali compiacenti, e la CGIL ha in sostanza seguito la stessa linea, con la motivazione che contrattare cedimenti limitati ne avrebbe evitati di più gravi.
Una illusione e un disastro per i lavoratori. La politica di cedimento continuo ha aumentato gli appetiti dei padroni e ha indebolito i lavoratori, generando passività e sfiducia. Ha reso più difficile ogni iniziativa di difesa sindacale in tutti i posti di lavoro e ha ridotto al minimo la credibilità della CGIL, che oggi non è infatti in grado di contrastare né le manovre contro il lavoro né la riduzione dei servizi pubblici essenziali, né gli sperperi di soldi pubblici a favore delle classi parassitarie.
Non ne ha la forza dopo 20 anni di concertazione all’insegna della subordinazione degli interessi dei lavoratori a quelli delle imprese, che hanno abbassato i salari, prodotto centinaia di migliaia di licenziamenti, dopo aver accettato e addirittura sostenuto ogni forma di flessibilità, promosso i contratti di lavoro atipici, firmato accordi in perdita e così via. Tanto più quando l’orizzonte di chi la dirige resta sempre e solo quello della concertazione.
In tanti lavoratori è ormai maturata la consapevolezza che quella linea di passività non può continuare. Ma, per non prendere altre bastonate, bisogna uscire dal vicolo cieco di aspettare soluzioni o mediazioni proprio da chi ha portato i lavoratori nella condizione di oggi. E’ necessario essere ben coscienti che gli interessi dei lavoratori sono contrapposti a quelli dei padroni e si possono affermare solo con lo scontro. Bisogna che i governi e i padroni si trovino di fronte a una classe sociale che si mobilita, che ha ben chiari i suoi interessi fondamentali e la forza che viene dal suo ruolo produttivo e sociale. Bisogna contare sulle nostre capacità, che sono molte e sono ovunque nei posti di lavoro.
Perciò partecipiamo a questa mobilitazione con il programma del rifiuto di qualsiasi mediazione sui diritti dei lavoratori, dell’abrogazione della riforma Fornero delle pensioni, del ripristino dell’art.18 e di impedire ogni ritorno alle disastrose politiche concertative degli ultimi 20 anni.
Lavoratori e delegati FIOM Piaggio e Continental