[12 Dicembre ’69 – 12 Dicembre 2012 ] A Pino e Saverio

In molti, padroni e servitori, hanno interesse a cambiare, adeguare, rendere piu’ snello ed efficiente lo stato,una macchina politica ed organizzativa di una classe contro un’altra.
Noi abbiamo interesse a soppiantarlo, nella prospettiva di vederlo sparire, insieme a padroni e servitori.

Che cosa è stato il 12 dicembre
Strage di Stato, terrorismo fascista, ipocrisia democratica

Il 12 dicembre è diventato una ricorrenza della democrazia nazionale.
Gli studenti, che percorrono le strade delle grandi città nell’annuale corteo, celebrano una tradizione di cui spesso non conoscono le origini. Noi, che quel giorno ricordiamo Saverio Saltarelli, denunciamo le responsabilità e corresponsabilità dello Stato democratico nelle stragi e negli assassinii degli anni ’60, ’70 e ’80 del secolo scorso. Questa breve nota è rivolta ai giovani, studenti e proletari, interessati a conoscere quelle responsabilità per combattere questo Stato, ormai diventato uno Stato reazionario, militarista, terrorizzante del capitale parassitario.

Il 12 dicembre 1969 – Quel giorno vengono compiuti quattro attentati: una bomba esplode nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura di Piazza Fontana a Milano, facendo 16 morti e oltre 100 feriti; un’altra rimane inesplosa nella sede della vicina Banca Commerciale; due altri ordigni esplodono a Roma, sotto l’altare della patria (4 feriti) e nella sede della BNL (14 feriti).
Questi attentati sono il culmine della campagna terroristica attuata durante tutto il 1969 da un gruppo neofascista di Padova, guidato da Franco Freda, cui partecipano uomini collegati ai servizi segreti.

La montatura poliziesca – Governo di centro-sinistra DC-PSI, partiti parlamentari e magistratura, prendendo a pretesto la strage di Piazza Fontana, scatenano la macchina repressiva dello Stato contro i raggruppamenti anarchici e di estrema sinistra. Centinaia di militanti vengono arrestati. Numerose sedi vengono perquisite. I gruppi vengono trattati come se fossero, di fatto, fuori legge. Il 15 dicembre vengono imputati degli attentati gli anarchici del Circolo XXII Marzo di Roma: Pietro Valpreda, Emilio Borghese, Roberto Mander e Roberto Gargamelli. Con loro viene imputato anche Mario Merlino, fascista amico dello squadrista Delle Chiaie, infiltrato nel gruppo anarchico. Il 16 dicembre viene ucciso durante un interrogatorio nella questura di Milano il ferroviere anarchico Pino Pinelli.

Perché la strage? – Per rispondere a questa domanda bisogna ricordare che nel 1968-69 si chiude l’epoca della grande espansione economica post-bellica, in Italia e nel mondo; e inizia l’epoca della crisi del sistema mondiale dell’imperialismo, che – aggravata – dura tuttora.
In quegli anni, il proletariato italiano entra sulla scena politica con le sue grandi lotte per l’aumento del salario e per la riduzione dell’orario, in una fase di incipiente crisi del capitalismo. Il conflitto tra la borghesia e il proletariato si acutizza. Al contempo inizia la crisi di regime della borghesia italiana, che si divide sulle soluzioni politiche da dare alla necessità di rorganizzare il suo apparato economico e aumentare lo sfruttamento del proletariato.
Lo squadrismo e lo stragismo fascista vengono sostenuti da una parte dei gruppi economico-finanziari più legati ai monopoli americani (armatori, petrolieri) o basati sulla rendita, da strati della media e piccola borghesia imprenditrice e commerciale, da parte della burocrazia statale e militare, che puntano a risolvere con metodi autoritari ed extraparlamentari la crisi di regime (i conflitti con i gruppi monopolistici allora predominanti: IRI, ENI, Fiat, Pirelli, Montedison) e più in generale il conflitto di classe. Le stragi del 1969, e tra queste Piazza Fontana, dovevano servire a imporre una svolta a destra della politica di governo e sostenere lo sviluppo elettorale del partito fascista (il MSI, oggi AN). In seguito, fallito questo tentativo, la strage di Brescia (28maggio 1974) ha segnato il passaggio dell’ala fascista della borghesia alla politica del colpo di Stato, perseguita per tutti gli anni ’70 e parte degli anni ’80 del 1900.

Perché la montatura contro gli anarchici? – L’incarcerazione di Valpreda e compagni e la caccia al rosso sono servite immediatamente a tutta la borghesia per cercare, senza peraltro riuscirci, di mettere in ginocchio la classe operaia di fronte al padronato, durante gli scioperi per i rinnovi dei contratti nazionali. Queste montature sono servite anche per tentare di stroncare i raggruppamenti di estrema sinistra, che avevano una presa crescente tra i giovani operai e studenti. Ma il vero scopo della montatura e della campagna terroristica di Stato era quello di nascondere che il fascismo stava nei vertici della Repubblica costituzionale: nella polizia, magistratura, servizi segreti, alti comandi militari. Nulla di strano in questo: la Repubblica democratica nata dalla resistenza dopo la seconda guerra mondiale prese di peso l’intero apparato amministrativo, giudiziario, militare del fascismo. Il personale dirigente di questo apparato fu per giunta rivalorizzato nel dopoguerra dalla politica controrivoluzionaria della NATO, sotto l’egemonia dell’imperialismo americano in Europa (vedi le strutture di Gladio e la Loggia P2). Poliziotti, magistrati e uomini di governo conoscevano perfettamente da chi e perché era stata organizzata la strage e quali fossero i rapporti tra il gruppo Freda-Ventura, cellula padovana del gruppo neofascista Ordine Nuovo, gli uomini dei servizi segreti e gli alti gradi militari, sia italiani sia americani. Ma essi non potevano colpire i fascisti inseriti nei vertici dello Stato, con i quali collaboravano da 25 anni per opprimere le masse sfruttate, né potevano impedire a quei compari di sviare, insabbiare le inchieste sulla strage di Piazza Fontana e sulle altre che sono seguite (difatti queste indagini continuano tuttora e non avranno mai fine).

12 dicembre 1970: la polizia del centro-sinistra uccide il nostro compagno Saverio Saltarelli – In questo clima di ipocrisia democratica e livore antiproletario, la polizia vieta la manifestazione organizzata a Milano il 12 dicembre 1970 dagli anarchici per la liberazione di Valpreda. Il nostro raggruppamento partecipa al corteo per solidarietà con i prigionieri e contro il divieto deciso dal ministro dell’interno, che invece ha autorizzato: un corteo antifranchista promosso da PCI-PSIDC-Sindacati e un presidio antifascista davanti all’università da parte del Movimento Studentesco della Statale. Il corteo anarchico viene caricato duramente dalla polizia nei pressi dell’università, ma il servizio d’ordine del MSS impedisce ai manifestanti di rifugiarsi nell’ateneo.
Durante una carica i celerini sparano lacrimogeni ad altezza d’uomo: Saverio Saltarelli, 23enne studente-lavoratore militante del nostro Comitato studentesco di agitazione rivoluzionaria viene colpito al cuore e muore. Questo assassinio dimostra che ad un anno dalla strage il governo di centro sinistra prosegue la politica di repressione statale e che la sinistra parlamentare (PCIPsiup-Sindacati, con la ruota di scorta dell’MSS diventato una polizia civica) è parte integrante dello schieramento ordinista.

«La strage è di Stato» – Il repressivismo poliziesco non ha piegato le centinaia di migliaia di giovani che il 12 dicembre del 1971 e del 1972 sono nuovamente scesi in piazza, fino ad ottenere la scarcerazione di Valpreda e dei suoi compagni. La strage è di Stato – Pinelli è stato assassinato: queste verità, gridate nelle piazze dimostravano la consapevolezza non solo delle responsabilità dei fascisti ma anche della complicità dei vertici statali e del livore antiproletario degli uomini di governo.

La «storia infinita» dei processi su Piazza Fontana – Dal 1969 al 2005 lo Stato italiano ha celebrato 7 processi su Piazza Fontana. Il primo processo, a Milano e Roma, fu costruito per imputare gli anarchici e terrorizzare il movimento operaio e studentesco. Dal 1971, prima a Treviso e poi a Milano, vennero indagati i fascisti padovani di Ordine Nuovo, Freda e Ventura; protetti dai servizi segreti. Le finezze procedurali della Cassazione riuscirono a far confluire entrambi i procedimenti nel mostruoso processo di Catanzaro, ove erano imputati insieme Valpreda e Merlino, Freda, Ventura, per tenere in piedi la tesi degli opposti estremismi contro lo Stato. Dopo varie vicende, il 27/1/1987 la Cassazione chiudeva definitivamente questo processo, confermando la sentenza della Corte d’Appello di Bari, che aveva assolto per insufficienza di prove sia Valpreda sia i fascisti Freda, Ventura, Merlino. Negli anni ‘90, iniziava a Milano una nuova indagine contro la cellula veneta di Ordine Nuovo. Venivano imputati per la strage i componenti del gruppo di Mestre-Venezia, collegati al gruppo di Padova (ma Freda e Ventura non potevano essere nuovamente processati): Carlo Digilio, pentito accusatore; Delfo Zorzi e Carlo Maria Maggi più Giancarlo Rognoni, noto fascista milanese. La Corte d’Assise di Milano, con sentenza del 30/6- 30/9/2001, condannava all’ergastolo Zorzi, Maggi e Rognoni; ed assolveva Digilio, riconoscendogli le attenuanti per la collaborazione e dichiarando prescritto il suo reato. Il 12/3/2004, però, la Corte d’Assise d’Appello di Milano ribaltava la sentenza, mandando assolti Rognoni (con formula piena) e Zorzi più Maggi (per insufficienza di prove). Nella sentenza d’appello, la Corte ha scritto che della strage sono responsabili Freda e Ventura, la cui precedente assoluzione sarebbe stata un «errore giudiziario», ma che non vi sono prove sufficienti per collegare la cellula padovana di Ordine Nuovo con quella veneziana, nell’esecuzione dell’attentato.
L’ipocrisia giudiziaria ha dunque raggiunto il massimo, poiché lo Stato ha trovato il modo di non punire i suoi complici neofascisti, che sono tutti in libertà.
La Corte di Cassazione, il 3/5/2005, ha confermato definitivamente questa sentenza, aggiungendo alla beffa il danno: i parenti delle vittime della strage, che si erano costituiti parte civile, sono stati condannati alle spese.

Non «celebrare» il 12 dicembre ma lottare per la rivoluzione e il comunismo – I giovani di oggi non devono perdere tempo dietro alle ricorrenze ipocrite, che servono solo a nascondere la natura profondamente reazionaria della borghesia italiana, che unisce contro il proletariato fascisti e antifascisti, clericali e massoni, golpisti e antigolpisti. I giovani proletari e studenti che vogliono ricordare con la lotta i morti nelle stragi fasciste e sotto il piombo poliziesco si portino sulla linea della rivoluzione, dando il loro appoggio e il loro entusiasmo al partito proletario, per combattere lo Stato reazionario e costruire una società comunista, di liberi e uguali.

Saverio Saltarelli

Il compagno Saverio nacque il 25 maggio 1947 a Pescasseroli (L’Aquila) da una famiglia di pastori.
Trasferitosi a Milano, frequentò il liceo e poi l’università, alternando studio e lavoro. Al paese aveva organizzato delle lotte contro la devastazione del Parco Nazionale degli Abruzzi ad opera della speculazione edilizia e per alleviare la grave condizione dei lavoratori stagionali e degli edili. Nell’estate del 1969, mentre lavorava come falegname in un cantiere di Pescasseroli, organizzò un gruppo di studenti-lavoratori per denunciare il supersfruttamento degli stagionali costretti a lavorare fino a 14 ore al giorno e senza contributi. Appena articolò la prima protesta venne licenziato. Ma egli non smise di lottare e denunciò con un volantino la politica del sindaco che favoriva la speculazione edilizia ed il saccheggio del Parco.
Alla fine di novembre Saverio si avvicina alla nostra organizzazione, cominciando ad appoggiare i compagni che operano nell’ambiente studentesco mediante il Comitato di Agitazione Rivoluzionaria (CSAR). Il 23 dicembre egli è al nostro fianco per manifestare contro il terrorismo borghese. Il 21 gennaio col gruppo di autodifesa reagisce alle cariche della polizia che blocca il corteo alla partenza e, impegnandola con azioni diversive, permette che il corteo si effettui muovendosi in un’altra direzione. In questa come in altre occasioni egli rivela una notevole capacità di azione nonché i tratti più caratteristici della sua personalità: la fermezza e l’abnegazione.

È stato ucciso dalla polizia a 23 anni, nel tardo pomeriggio del 12 dicembre 1970 nei pressi della Statale di Milano durante la manifestazione indetta dagli anarchici per la liberazione di Valpreda- Borghese-Gargamelli appoggiata dalla nostra organizzazione, con una bomba lacrimogena sparata da pochi metri di distanza che gli ha spaccato il cuore.

[da Rivoluzione Comunista]

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